http://messaggeroveneto.repubblica.it/d ... dRegionale

Perez Reverte

è secco:

«Quest’Europa

è al capolinea»
Nicola Cossar, Messaggero Veneto.

Cultura come analgesico di fronte al formidabile cancro dell'indifferenza che tutto spegne e annichilisce o, invece, come speranza da seminare, senza retorica, nel comunque fertile mondo della scuola, l'unico capace di darci una risposta e di formare un'umanità altra, conscia del proprio cammino, del proprio presente e, magari, in grado di capire con un vitale anticipo pre-baratro gli scenari che ci stiamo preparando? Lo scrittore spagnolo Arturo Pérez-Reverte da una parte, lo storico Luciano Canfora dall'altra, due grandi intelligenze sul palco del Verdi

(al solito gremito) per confrontarsi su storia, narrativa, cultura, anche sulla politica

(le caste sono ovunque si galleggi a lungo: morta una, ne arriva subito un'altra).

L'ouverture, meritatissima,

è per Arturo, che riceve il premio La storia in un romanzo, ideato da pordenonelegge.it e da

èStoria di Gorizia assieme alla Banca popolare FriulAdria.

Una cerimonia veloce ma efficace, coordinata da Gian Mario Villalta e con gli interventi del responsabile delle relazioni istituzionali della banca, Giovanni Lessio, e del direttore della manifestazione goriziana, Adriano Ossola.

Si parte, pubblico attentissimo.

Molti gli spunti offerti, grazie anche alle domande precise e articolate del giornalista Maurizio Crovato.

Canfora si chiede, con Lucrezio,

«perché non proviamo più dolore per le guerre puniche?».

Perché la storia deve essere fredda per essere vera? Perché gli storici si illudono di acciuffare la verità, la cercano nei documenti, ma questi sono lacunosi e chiusi, forse

è una storia falsa?

Pérez-Reverte ribadisce che il suo ruolo non

è di storico ma di romanziere e così va presa la sua carriera:

«Leggendo i miei libri, la gente deve soltanto incuriosirsi, poi deve andare e cercare altri libri, altre fonti per capire la storia.

E questo va fatto con rigore.

Io lo faccio.

Però non ricostruisco la storia, la uso invece per illustrare il presente, per capire e per far capire di più il mondo».

Un mondo che a Pérez-Reverte fa proprio schifo.

Comunque, se per lo scrittore spagnolo la cultura

è soltanto un analgesico che non risolve le grandi questioni, Canfora incalza e provoca:

«Gramsci invita a essere ottimisti nell'azione e pessimisti nel pensiero».

Però l'uomo

– dice Pérez

– ha la memoria corta e così l'appartenenza si fa debole, mentre l'incapacità critica di fronte ai tanti cavalli di Troia che quotidianamente troviamo nel cortile del mondo

è il vero pericolo che corre l'umanità.

Non merita compassione perché non usa gli strumenti che ha, come l'informazione

(anche troppa, e spesso manipolata), come i libri e la scuola.

«L'11 settembre 2001 ero a Buenos Aires e, davanti alla tv, vedendo gli aerei che andavano contro le torri la gente diceva

"incredibile, incredibile".

Non

è servito, come non sono serviti Auschwitz o la Bosnia.

Stiamo allegri sul Titanic pensando che quell'iceberg là fuori non sia per noi».

Nessuna compassione per questo tipo di uomo.

Per Canfora invece la merita: l'uomo va aiutato ostinatamente; bisogna portare, il seme critico e dialogare sempre, fra di noi, con la nostra storia e con i giovani, cui trasmettere se non l'esperienza, che resta un fatto personale, il senso che quell'esperienza ha lasciato in noi.

Una sfida di fronte a un futuro che ci spaventa ancora.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=292051

A cosa serve la Cultura? A curare il mal di testa
di Redazione

Per lo scrittore spagnolo Arturo Perez Reverte

«l’Occidente

è arrivata al capolinea e sta crollando,

è opportuno rendersene conto».

Lo ha detto a Pordenonelegge.it, dove ieri ha ricevuto il premio

“La storia in un romanzo”.

«L’Europa di oggi si trova al termine di un ciclo.

Davanti a questa situazione due sono le possibilità: la disperazione dell’idiota o la consolazione della cultura.

La cultura, quella vera,

è dannatamente importante.

Non ci metterà in salvo dal disastro

- ha concluso Perez Reverte

- ma come un analgesico ci permetterà di sopportarlo meglio».

Risposta perfetta ai 14 colleghi intellettuali che, dalla scorsa settimana, per un saggio a 28 mani per il Saggiatore, si chiedono A cosa serve la cultura.

Una frase sola che vale 150 pagine.
